Alessandro Albert Roger Ballen Antonio Biasiucci Enrico Bossan Silvia Camporesi Daniele Cascone Marina Cavazza Nicolò Cecchella Stefano Cerio Charles Fréger Gilbert Garcin
Paolo Gioli Alessandro Imbriaco Duane Michals Helmut Newton Francesco Ricci Malick Sidibé Paolo Ventura Paolo Verzone Joel-Peter Witkin
In posa
Alessandro Albert Roger Ballen Antonio Biasiucci Enrico Bossan Silvia Camporesi Daniele Cascone Marina Cavazza Nicolò Cecchella Stefano Cerio Charles Fréger Gilbert Garcin Paolo Gioli Alessandro Imbriaco Duane Michals Helmut Newton Francesco Ricci Malick Sidibé Paolo Ventura Paolo Verzone Joel-Peter Witkin
Un’immagine in posa è per definizione un’immagine costruita, ferma o sorpresa nell’illusione del movimento. Posa, dunque, come “vera finzione”. Riflettendo su questo tema cardine dalla fotografia, dalle sue origini a oggi, la mostra presenta le opere di venti autori, diversi per generazione, fama, percorso professionale e artistico.
Come in una grande rappresentazione teatrale, come nel “grande teatro del mondo”, ognuno prende la sua posa, veramente falsa, falsamente vera, e recita in un susseguirsi di cambi di scena. Dai fondali dipinti, come nell’Ottocento, di Malick Sidibé e Paolo Ventura alle periferie urbane di Francesco Ricci e alle accademie militari di Paolo Verzone, così fredde e formali, dalle atmosfere intime degli autoritratti di Marina Cavazza e Silvia Camporesi, a quelle surreali di Duane Michals, per ritrovarsi poi nella natura selvatica dove sorgono dalla terra le maschere primordiali di Charles Fréger. Fine del primo atto.
Quando si rialza il sipario, appaiono sulla scena, per illuderci, confonderci o consolarci, i ritratti e le nature morte di Antonio Biasiucci, Paolo Gioli e Nicolò Cecchella. Accanto a loro, i corpi marmorei di Helmut Newton, come statue viventi, poi, cambiando scala, le figurine di carta di Gilbert Garcin, i manichini in uniforme coloniale, ripresi di spalle da Alessandro Imbriaco, quindi un soldato americano in vetroresina sorpreso da Stefano Cerio tra le luci di Gardaland, e ancora i pupazzi in scatola di Alessandro Albert, pronti per essere proposti in uno scaffale.
Ultimo atto e tra i riverberi di una risonanza magnetica al cranio, firmata da Enrico Bossan – in posa per sfidare la malattia – appaiono i corpi mostruosi di Roger Ballen e Joel-Peter Witkin – necrofilia come pensiero in posa – e le figure senza volto, oppresse dal peso della storia, dell’arte, della memoria di Daniele Cascone. Cala il sipario e l’ultimo a lasciare la scena è Oscar Wilde, mentre ci ricorda che “la spontaneità è una posa difficilissima da tenere”.